giovedì 14 aprile 2011

"Caos".

La luce divenne inspiegabilmente più accecante.
Gli uomini e le cose persero totalmente la loro fisicità e si confusero tra le idee.
Il mondo non ospitava più tante lanterne luminose, specchio e riflesso di un' unica luce, ma un fiume immenso di brillantezza.
Mi sentii più leggero, divenni spirito errante.
Guidato da venti misteriosi, fluttuavo spensierato in un crogiolo di anime e di vita.
Questo corpo, che è zavorra, lo vidi cadere sotto di me come una farfalla perde la sua crisalide.
Ebbi la sensazione di essere una farfalla.
Farfalla o nulla, quel nulla che è tutto.
Fu un sogno magico dal quale mi sentii arricchito spiritualmente.
La mattina seguente, la pesantezza mi sommerse.
Piovve per tutto il giorno.
Il cielo sembrava dispiaciuto per avermi spiegato una piccola parte del suo mistero, di quello che è il nostro divenire, ciò che ci attende.
Annegavo nel mondo perché consapevole di essere in gabbia.
Pensai al profumo del seme, alle rughe di mio nonno, alle vibrazioni che percepisco nell'osservare la luminosità di un prato ghiacciato in gennaio.
Pensai alle onde, agli alberi, ai pesci, ai brividi di paura e a quelli di gioia.
Alle regole e alle eccezioni.
Se questa è un'illusione, un'illusione tangibile che però poi svanirà, allora cercherò di goderne ogni istante.
Vivrò ogni secondo, tutte le emozioni, ogni volto ed ogni gesto.
Poi sarà caos.
Quel caos incantato e dunque dalle logiche irrazionali.
Caos che ci attende.
Ci attende inesorabile.

giovedì 7 aprile 2011

Colpa mia

La capivo. Comprendevo il suo dolore che divenne immediatamente anche il mio, pur non avendo mai provato una sensazione del genere.
Ero affranto, amareggiato, dispiaciuto e avvilito.
Io l'avevo ridotta in quello stato.
La colpa era la mia.
Le leggevo, in quello sguardo disanimato e avvizzito, la stanchezza, lo sfinimento e il tormento.
Si, la colpa era la mia, io l'avevo lasciata sola.
Stupidamente, pensavo che ce l'avrebbe fatta e che non avrebbe avuto bisogno di me.
Lasciarla sola, che stupido che sono stato.
Andar via e sbattere la porta.
Il solito egoista.
Io l'ho ridotta in quella situazione e mi sento davvero in colpa.
L'ho lasciata annegare nel suo desiderio naturale e necessario, non in un qualsiasi desiderio vano, irrealizzabile o artificiale.
Non mi aveva mai chiesto nulla di utopico e con quel poco che le davo riusciva a deliziarmi con le sue forme, i suoi colori e i suoi profumi.
La colpa era la mia e non potevo perdonarmelo.
La prossima volta, se ci sarà una prossima volta che starò fuori per più di quattro giorni, devo assolutamente ricordare a mamma di passare da casa mia ad annaffiare l'Erica.

venerdì 1 aprile 2011

"Nel bel mezzo....."

Nel bel mezzo della solita passeggiata mattutina, vide davanti a sé grovigli indistricabili di rami e rovi.
Iniziò a grattarsi la testa con aria interrogativa, qualcosa doveva essere successo alla sua montagna.
L'allegro ragazzo, sentiva di essere vicino a casa, ne sentiva l'odore.
Quei rovi però, proprio non c'entravano niente, non li aveva mai visti e proprio non erano adatti, climaticamente parlando, all'ambiente circostante.
Qualcosa gli impediva di andare avanti, centinaia di volte aveva attraversato quel bosco e mai gli era successa una cosa del genere.
Si tolse le cuffie, stava ascoltando Beethoven.
In lontananza sentì lo scorrere del fiume.
Attorno a sé, si accorse che gli alberi non erano pini ma pioppi.
Poteva sembrargli un'allucinazione da LSD ma era sicuro di non usare tale sostanza da almeno sette anni.
Dopo essersi visto morto al suo funerale, aveva detto basta alle droghe.
Iniziò allora a camminare verso sud, tornando in dietro, andando in direzione del fiume che ricordava aver guadato alcune ore prima.
Non riconosceva nulla del suo monte, gli alberi, gli uccelli con il loro cantare, i fiori e gli insetti non erano più gli stessi.
Arrivato nei pressi del fiume, prima di scendere per la tortuosa stradina che l'avrebbe condotto al torrente d'acqua pura e gelida, la sua attenzione cadde ai piedi di un grosso abete.
Avvicinatosi al grosso albero, constatò che non c'era muschio attaccato alla sua corteccia, girandogli attorno si accorse allora che il muschio stava attaccato all'albero nella parte opposta rispetto alla direzione dalla quale l'allegro ragazzo era venuto.
Eppure,il ragazzo, era convinto di andare da nord verso sud.
Scese allora la tortuosa stradina e vide un fiume che fino ad allora non aveva mai visto, acqua torbida, alberi secchi e rami che sembravano soffrire tanto erano storti e incastrati tra loro.
Quel torrente, non era assolutamente lo stesso attraversato alcune ore prima, dove spesso faceva il bagno e si rilassava meditando sulla vita.
Rizzò il capo e tra le fronde degli alberi notò che il sole lentamente stava diventando rosso, era inspiegabilmente, già l'imbrunire.
Si sedette ai piedi di un albero cercando di mantenere la calma e il controllo, iniziò dunque a dominare il suo respiro per rallentare i battiti di un cuore impazzito.
-“È possibile che io sia stato rapito dalla musica di Beethoven e mi trovi adesso da qualche parte, non so dove, tra i monti della Toscana?”-
Iniziò a tormentarsi la testa con domande e ragionamenti  per troavre una soluzione ma tali ragionamenti non lo portarono da alcuna parte e alimentarono il suo sconforto e lo destabilizzarono maggiormente.
L'allegro ragazzo, divenne l'infausto ragazzo.
All'improvviso, vide passare davanti a sé la figura di suo fratello a cavallo di una bicicletta..
Lo chiamò urlando ma sembrava che la sua voce non fosse udibile, muoveva le labbra ma nessun suono veniva emesso.
Iniziò a schiaffeggiarsi la faccia, a stropicciarsi gli occhi e a grattarsi la nuca incredulo di ciò che aveva appena visto.
Sentì un fischio in lontananza, si alzò in piedi e vide se stesso all'età di dodici anni vestito da portiere intento a parare un rigore.
Poi iniziò a nevicare, strana la neve a Maggio, pensò tremando dal freddo e dalla paura di non sapere cosa stesse succedendo e dove fosse realmente.
Arrivò la notte e lo sorprese ad osservare se medesimo durante un litigio con un amico che non avrebbe più incontrato.
L'infausto ragazzo, raccolse da terra un rametto di albero e iniziò a rosicchiarlo convulsamente per sfogare quella sua inquietudine e si accorse all'improvviso che quel rametto si era trasformato in una fumante sigaretta.
Basito e sconcertato, piangendo e singhiozzando, trovò pace solo quando si accorse di essersi smarrito nei suoi ricordi.

mercoledì 30 marzo 2011

"Eravamo scalzi".

Puoi dirmi come poter conciliare la realtà con l'astrazione del volere e rendere la mia vita, la vita che vorrei?
Chiesi ad un uomo, ieri notte, durante un sogno assurdo.
Eravamo seduti sopra un albero, mi sembrava un tiglio ma non ricordo bene.
Davanti a me, si distendevano infiniti arcobaleni.
Quell'uomo aveva un aspetto vagamente familiare ma non so dire precisamente chi fosse .
Mi guardò distrattamente e grattandosi il collo con il dito medio della mano sinistra all'attaccatura dei capelli, iniziò a ridere di gusto.
Io tenevo in bocca un pezzo di legno, forse uno stecchino o un fiammifero.
Eravamo scalzi.
D'un tratto il cielo divenne verde, poi giallo e poi arancione
Richiamai l'attenzione dell'uomo dandogli colpetti sulla schiena per avere una risposta alla domanda.
Sorridendomi, l'uomo, fece cenno con la testa di proseguire e poi scomparve all'improvviso.

sabato 26 marzo 2011

"Occhi".


Quanto tempo è passato dal giorno in cui i tuoi occhi, incrociarono i miei.
Sono trascorse interminabili stagioni di dolore, di passione e altre di semplice felicità.
Abbiamo attraversato il mare tenendoci abbracciati, ci siamo coperti con lo stesso ombrello per ripararci dalla pioggia.
Abbiamo corso nudi, tra le strade della vita, alla ricerca di un angolo dove poter nasconderci e fare l'amore.
In questo momento, i tuoi occhi come i miei, portano il segno del nostro stare insieme.
Riconosco che parte del mio essere sei tu e parte del tuo, sono io.
Abbiamo pianto salutando amici che resteranno solo un ricordo e abbiamo riso nel ricordare assurde situazioni nelle quali le nostre anime si sentivano stupidamente arrese.
Ora ti guardo in quegli occhi azzurri, azzurri come alcune mattine di Luglio e penso solo all'amore.
Penso ad una sensazione troppe volte descritta e credo che ogni descrizione cavi all'amore un po' del suo senso.
Ti guardo mentre facciamo l'amore, quando i nostri corpi s'intrecciano e scivolano sudati.
Svegliandomi ogni mattina, mi giro dalla tua parte e ti guardo dormire, immagino dove la tua mente ti stia portando, che sogno stai vivendo.
Ti amerò quando le nostre facce porteranno il segno del tempo.
Tempo che passa e scorre inesorabile come giusto che sia.
Questo intrappolato nascere, morire e poi rinascere di ogni uomo, ha fatto si che io sia vivo, adesso, in questo frangente d'immensità, per esserti accanto.
Un giorno saremo vecchi e ci aiuteremo nell'affrontare la vita, ricordando quello che ora è il presente e che poi sarà passato.

I tuoi occhi, parlano di noi e d'amore.

martedì 22 marzo 2011

"Amico mio..."

Come stai, amico mio, ora che è primavera?
Lo senti che é più caldo anche alla sera?
Il Cuculo ha cantato,
il fiore è sbocciato..
Io, come sempre, costruisco castelli di ambizioni,
con merletti di utopiche illusioni.
Come un pazzo mi distendo nudo sulla terra arata
a contemplare disincantato la giornata.
Un fiore, tenacemente, apre i suoi petali in ogni direzione.
Il sole fa brillare il prato e sembra così pieno d'amore.
Il vento mi chiude gli occhi e immagino di volare.
Amico mio... lo senti anche tu il mare?
Amico, non riesco ad avere una visione disincantata del mondo.
C'è un qualcosa di profondo,
c'è un qualcosa di potente,
un qualcosa d'infinito.
Amico mio, parliamo dell'infinito.
Parliamo del potente.
Amico mio..
Parliamo di quello che sento vicino a me in questo strano momento di follia.
Amico mio.. parliamo di Dio.

domenica 20 marzo 2011

"Finalmente....."

Finalmente il Ciliegio è sbocciato nuovamente.
I prati cambiano colore, le Magnolie colorano i loro fiori di rosa, alcune timide Margherite si presentano tremanti al cospetto del cielo.
Il tiepido sole di questa giornata, riesce e riscaldarmi l'anima.
Si sentono risa di ragazzi in lontananza, pallonate, frenate di bicicletta e fischi di richiamo per cani che scodinzolanti rincorrono piccioni intenti a beccare un prato nuovo.
Ora, dalla finestra di casa mia, vedo che i campi sono pronti per essere seminati.
Osservo una donna che pota le sue piante ornamentali e poi le mette in un vaso nuovo.
Presto saranno colorate anche le terrazze.
La colonna sonora della giornata, è una base di cinguettii con zac zac di forbici, risate di gusto e urla per un gol segnato.
Il mio corpo è eccitato.
Rinasce la mia anima in una nuova foglia.
I miei sensi esultano.
La natura non sembra più la stessa, resto inebetito ad osservarla mentre sbadiglio convulsamente.
Mi si chiudono gli occhi, devo andare a riposare.
Vorrei restare
ma è più forte di me, devo andare.
È arrivata la primavera!
Ciao a tutti, ci sentiamo stasera.

sabato 19 marzo 2011

" è musica".


Fuori, là nel Cosmo,  non c'è terra ma musica.
Vibrazioni inarrestabili che disegnano viaggi ai quali ognuno di noi è libero di partecipare.
Vibrazioni che scaturiscono immagini di vita quotidiana, di fantasie segrete, di arcobaleni, di uomini, di pace e d'amore.
Nell'etere si propaga una musica lenta, poi più veloce e poi ossessiva.   
è  Musica che ha il coraggio di guardarci negli occhi e di porgerci nuovamente quelle bacchette che con  il tempo abbiamo dimenticato di avere.
Ci provo, agito le bacchette stupidamente davanti alla mia faccia e rassicurato mi accorgo, d'essere un impeccabile compositore.

martedì 15 marzo 2011

"Il nipponico abbraccio febbricitante."

All'improvviso, in quel preciso posto, il cielo affondò le sue radici nella terra.
Cielo e terra febbrilmente si abbracciano, si stringono, dondolano, ondeggiano, traballano e tentennano.
A volte, cielo e terra hanno voglia di abbracciarsi.
Il loro confronto è sempre maldestro e questa volta, più delle altre, è barbaricoSi abbracciano senza badare a ciò che sta loro in mezzo, poi lentamente si ritirano distrutti e distruttivi.
Ecco poi, richiamata dal frastuono e dai sussulti, l'acqua che vuol partecipare all'incontro. 
Si dirige convulsa e impetuosa alla ricerca di una meta che non esiste. 
I punti sono diventati virgole, i più asterischi, i punti esclamativi sono ora punti di domanda.
Che rotta prende questa nave?
L'uomo è inerte e annichilito, può solo vagire e inchinarsi e tacere. Ora che la febbre è passata, il cielo inizia a piangere disperato: è disgustato di quella scappatella con la fraterna terra.
 

domenica 13 marzo 2011

"L'idea".

L'idea di ciò che vorremmo essere, è inferiore a ciò che non sapendo di essere siamo.

venerdì 11 marzo 2011

"Uomo".

Ho guardato accuratamente ogni singolo pelo della criniera del cavallo alato che mi fa percorrere spazio alla ricerca di tempo.
Ho volato per sentirmi vento.
Ho nuotato al fianco di creature meravigliose dal Mediterraneo all' Alaska.
L'ho fatto per sentirmi acqua.
Ho bruciato cumuli di erba,
per sentirmi fuoco e terra.
Ora scrivo, semplicemente per sentirmi un uomo.

martedì 8 marzo 2011

"Pensieri folli".

S'incatenano alla mente pensieri folli, senza i quali spesso mi accorgo di non poter vivere.
Eppure le mie mani si portano sulla testa e freneticamente iniziano a grattarla, come per ripulirla e cacciare via tali pensieri.
Grattano e provano a strapparli via ma non ci riescono, non hanno la forza di penetrare.
Fortunatamente non ci riescono...
I pensieri folli sono vita.

sabato 5 marzo 2011

"Neve".


Guardava il tempo che cambiava e si chiedeva se a cambiare fosse lui e non il tempo.
Vedeva piovere e supponeva di piangere, anzi lo sentiva.
Il sole splendeva alto e forte, lui si sentiva felice.
Tirava forte il vento ed egli si sentiva ripulito da vecchie ansie.
Iniziò a nevicare e non riuscì a dare un senso a ciò che stava accadendo.
Nel non dare un senso alla neve, restò in silenzio.
Si accorse allora, nel doppio silenzio della neve, di essere vuoto di tutto e pieno di Dio.

martedì 1 marzo 2011

"Temporale."

Noto è il dolore del tuono, inasprito dal fraterno lampo che tinge di colore il nulla.

domenica 27 febbraio 2011

Tratto da "Metempsicosi".

Alcuni avevano auree gialle, altri invece celesti altri ancora dei colori dell’arcobaleno, come se all’acquisto di un ombrello un individuo mostrasse la parte più nascosta di se, la più celata, la più metafisica, la più tremendamente vera.

sabato 26 febbraio 2011

"Vivere".

In realtà, il nostro vivere, è un vano sforzo di raggiungere un'utopia chiamata felicità.

giovedì 24 febbraio 2011

"Vita".

Assicurò bene la cinta ai fianchi poi chiuse gli occhi e si gettò di schianto nell'immensità.

"Confusione".




Per fortuna c'è il mio albero solitario.
C'è il mio silenzio assoluto, il mio tramonto e la mia alba.
Nella mia testa.

mercoledì 23 febbraio 2011

Tratto da "Metempsicosi".

"Sperava che la sua anima potesse, una volta che il suo corpo fisico fosse morto, insediarsi nel corpo di un animale.
Non le importava quale, voleva solo provare a rinascere felice nel corpo di un animale, soltanto questo chiedeva."

Tratto da "Metempsicosi".

"Poi però nel momento in cui il suo piede poggiò sulla soglia della porta , fu avvolta da un malessere interiore più forte della forza di mille uomini e fu costretta a richiudere la porta appena semiaperta.  Il pensiero di poter incrociare lo sguardo di qualcuno la terrorizzava, si sentiva, come non aveva mai avvertito fino ad allora, intrappolata come un baco nella sua seta."