2. Battute infelici




Oggi pomeriggio mi è venuta un battuta carina. Squilla il telefono e dicono: « Pronto, c'è il dottore?», al che rispondo: «No, c'è la cremeria».
Mossi dallo sdegno siete autorizzati, davvero senza problemi, a chiudere tutto e a dire che in fin dei conti ci avete provato, che non per nulla ma non è proprio il vostro genere di letteratura. Vi capirò, già vi capisco.
Ma la battuta non è quella appena scritta, è un'altra.
Dovete immaginarvi la scena: ore 17.00, martedì pomeriggio, bottega ordinata e pulita, tranne i vetri che mi sembrano un po' polverosi. La frutta e la verdura ben disposte, il banco della gastronomia bello pieno di roba, i giardini davanti con l'erba tagliata e le siepi tutte a filo, bambini che ruzzolano nei prati, chi gioca a palla, chi impara ad andare in bici senza rotine e cade senza dolore dopo ogni metro. Una temperatura ideale, con un sole che ti ci abbronzi dopo due minuti senza patire caldo, mentre delle bambine giocano ad acchiappino e dei bambini scalano il monumento ai caduti senza corde e con tanto coraggio.
Ma è un gruppetto di dodicenni in un triangolo di prato che attira la mia attenzione: quattro bambini sono in piedi in cerchio, una bambina coi capelli neri e la divisa nel mezzo stile Gioconda se ne sta al centro con un vestitino giallo a disegnini colorati. Sono tutti fermi, la bambina parla e loro stanno fermi. Poi riparla e restano ancora fermi, e allora parla di nuovo dicendo le stesse cose di prima ma formulate diversamente, e i bambini iniziano a saltellare a zoppo galletto, tutti tranne uno, al quale forse non gli riesce. Allora l'incapace di andare a zoppogaletto abbandona il gioco e si siede a gambe incrociate come uno yogi. E proseguono, la bambina parla e solo un bambino si muove, sbagliando. Ha confuso la formula sbagliata per quella giusta, s'è mosso e non doveva, fuori anch'egli dal gioco. Ho capito, la bambina è «esso», e ha il potere di far compiere azioni ad altri. Di nuovo lei parla, anzi «esso» parla per bocca della bambina, e i due restanti in gioco iniziano a baciarsi, mi pare con la lingua. I perdenti e la bambina iniziano a ridere e a saltellare, e a fare quei versi strani come fanno i marmocchi quando sono in preda all'euforia.
I finalisti, dopo aver realizzato, ci restano di stucco mentre gli altri li prendono in giro.
Ecco, lo scenario è ameno, la bottega ha le luci spente e si lascia illuminare dalle luci esterne, e squilla il telefono: «Pronto c'è il dottore?», e rispondo: «sì, ma se è per una ricetta le passo l'infermiera».
Scoppiai a ridere compiacendomi con la mia ironia.



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