4.Saturday night fever
Sabato
arrivò presto, ma non avevo voglia di fare niente, men che meno
quello che Pietro aveva in mente. A volte gli dico di sì per
chetarlo, nell'invecchiare diventa sempre più logorroico e malato
per le donne.
Il
sabato pomeriggio lo dedico alla mia nuova fiamma, e possiamo dire
che da più di un anno c'è qualcosa di più del semplice sesso
animalesco. Ogni sabato da quasi due anni mi vedo con Nigeria, la
mia, sì diciamolo, fidanzata, che proprio dalla Nigeria viene.
La
vedo il sabato perché è nella piazza dei giardini a lavorare; fa un
lavoro itinerante, durante la settimana copre tutto il Mugello, e
chiaramente è impegnata, e poi ha questo istinto nomade, e non mi
sento di forzarla alla stanzialità.
E
insomma niente, è felice che lì può fare anche la doccia, poi ci
prendiamo un caffè, a volte guardiamo il telegiornale.
Io
la amo Nigeria, okay che il contatto fisico e visivo c'è solo una
volta a settimana, ed è bellissimo; fa tutto lei, a volte faccio
tutto io, quel che è certo è che mi sento curato da lei, ed è
bello che qualcuno si prenda cura di qualcun altro.
Al
di là del fatto dei soldi e del pagamento, la sua presenza in casa
mi mette sereno, è davvero una persona positiva, e fa anche un buon
caffè, lei però lo prende annacquato.
Porta
sempre la parrucca, ogni sabato ne ha una di colore diverso, la mia
preferita è quella viola con la frangetta, e poi ha lo smalto su
tutte le dita, anche suoi piedi, e ha un fisico da modella, alta e
slanciata, delle belle poppe, gli occhi verdi che vanno lontano, e le
labbra carnose.
In
intimità la chiamo «carpina amorosa», che quando è là sotto,
sembra di sentire il risucchio che fanno le carpe quando mangiano a
galla, col caldo, verso luglio, o i muggini di un qualsiasi porto,
che s'ammassano tutti su una mollica di pane. Ecco, quello è per me
il rumore del godimento.
Sì,
ci frequentiamo da due anni, da quando la mia ex ha fatto le valigie
ed è andata a vivere dal maestro di tennis, un cretino sempre in
forma e dinamico, coi denti sempre splendenti. Che persona inutile e
insulsa, mamma mia, gli auguro tutto il male del mondo a quei due
stupidi, imbecilli. Lasciamo stare, non fatemi pensare, se ripenso a
come era diventata fissata per il tennis, e poi a correre, e la
domenica il torneo, e il giovedì la preparazione, il martedì a cena
con quelli del tennis club, evvaffanculo a voi con le vostre palline
di merda, e a ogni centimetro di terra rossa del mondo.
Un
anno c'ha messo per scegliere, mica che lo sapessi, da un anno
scopava col cretino, e io sempre a secco, un minimo di dubbio mi era
venuto ma pensavo che fosse un periodo un po' così, non pensavo alle
corna. Aspettavo, ora dico che aspettavo in silenzio il mio turno,
che non sarebbe poi più stato il mio turno, non era più mia, di me
restava il contesto, l'abitudine, l'ordinario, quello di sette anni
di vita insieme, nella stessa casa.
L'ho
spinta io a fare sport, io l'ho indirizzata al tennis; stava passando
un periodo stressante al lavoro e aveva bisogno di svago e di
dimagrire che sembrava sempre di più una pallina. E infatti le ha
fatto bene, dopo un po' le si è aumentato il metabolismo e ha
ripreso a essere felice, a volersi bene e a truccarsi, ad aver voglia
di fare.
Ero
felice per lei e quindi per noi.
Ma
ora non me ne frega più nulla, al diavolo lei, il tennis e il
maestro.
Ora
amo Nigeria, e fantastichiamo abbracciati sui nostri futuri figli,
sui diamanti che le regalerò, sulla nostra casa; mentre le accarezzo
la pelle liscia, e l'annuso tutta, e la amo, e lei gioca coi miei
riccioli mentre ho la testa tra le sue poppe e parliamo di tutto, e
se abbiamo appena smesso di scopare ricominciamo a farlo.
Alle
sette la porto alla stazione, e se ne va, con cinquanta euro in più
in tasca, e se ne va come ogni treno, nel rumore caldo della
ferrovia, che sai che lì per lì non può tornare indietro, ma che
poi tornerà.
Sabato,
proprio dopo le sette, chiamai Pietro e gli dissi che avevo la
febbre, anche se non era vero.
Prima
di tornare a casa mi fermai alla rosticceria cinese e presi del liso
alla cantonese e degli involtini primavera. Mangiai sul divano
guardando Ghost, e piansi, e dormii lì, poco ma lì, con la
gatta che ogni tanto la sentivo che leccava le vaschette in alluminio
lasciate a terra.
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