VERSO UNA VISIONE SISTEMICA IN FILOSOFIA E MEDICINA. Dal materialismo riduzionista all’olismo ecologico. Di Alessandro Marrani.



1. MEDICINA OCCIDENTALE E MEDICINA CINESE: UN CONFRONTO

a. Una logica sintetica della relazione

Ted Kaptchuk, professore di medicina presso la Harvard Medical School, nel suo libro Medicina cinese, descrive con queste parole la “struttura logica” della medicina occidentale:

La medicina occidentale si occupa di categorie di agenti patologici suscettibili di essere isolati, che prende di mira, cerca di trasformare, controllare e distruggere. Il medico occidentale parte da un sintomo e ne cerca il meccanismo sottostante: una causa precisa per una malattia specifica. La malattia può coinvolgere varie parti del corpo, ma è un fenomeno ben definito e autonomo. Una diagnosi inquadra una descrizione esatta quantificabile in un dominio ristretto. La logica del medico è analitica: si apre una via attraverso i fenomeni corporei come il bisturi del chirurgo, per isolare una singola entità e asportarla.1

Segue l’esposizione dei principi fondamentali della medicina cinese:

Il medico cinese, al contrario, rivolge l’attenzione alla totalità dell’individuo fisiologico e psicologico. Tutte le informazioni rilevanti, che includono il sintomo, ma anche altre caratteristiche generali del paziente, sono raccolte e tessute assieme finché arrivano costituire ciò che la medicina chiama un ‘quadro di disarmonia’ [pattern of disharmony]. Tale quadro di disarmonia descrive una situazione di ‘squilibrio’ nel corpo del paziente. La tecnica diagnostica della medicina orientale non fornisce un’entità nosologica specifica o una causa precisa, bensì genera una descrizione quasi poetica, eppure operativa, della persona nella sua totalità. La questione del nesso causale è sempre secondaria rispetto al quadro complessivo. Non ci si domanda <<Quale X è la causa di Y?>>, bensì <<In che relazione stanno fra loro X e Y?>>. Ai cinesi interessa riconoscere le relazioni che legano eventi corporei che si producono simultaneamente. La logica della medicina cinese è organica o sintetica: cerca di organizzare i sintomi e i segni in configurazioni comprensibili. Le configurazioni globali, i quadri di disarmonia, sono il riferimento che guida la terapia. Compito della terapia è cercare di ricondurre la configurazione all’equilibrio, riportando l’individuo ad una condizione armonica.2

Risulta evidente che siamo davanti a due diverse architetture della conoscenza, modellate da una diversa matrice concettuale. Il paradigma occidentale è analitico, atomistico, riduzionista: tende alla quantificazione e alla scissione.

Per la medicina occidentale, capire una malattia significa scoprire un’entità distinta dall’essere del paziente. Per la medicina cinese, capire significa percepire le relazioni che legano insieme tutti i segni e i sintomi del paziente. I quadri di disarmonia sono diversi dalle malattie per il fatto che non possono essere isolati dalla persona in cui si presentano.3

Il paradigma cinese non è meno logico di quello occidentale: è soltanto meno analitico. La logica che lo sorregge può esser definita “olistica” o “dialettica”4. Nessuna parte può essere compresa se non in relazione al tutto. Il sintomo, perciò, non viene ricondotto ad una causa definita, ma è visto più che come parte, come momento o tendenza di una totalità.
La medicina cinese riconosce sì l’esistenza di fattori patogeni esterni, ma considera l’organismo in grado di reagire mediante la capacità interna di ripristinare l’equilibrio omeostatico. Se viene contratta una malattia, però, significa che c’è una disarmonia, uno squilibrio complessivo, relativo alla vita di una persona sul piano fisico, psicologico e spirituale: nessun livello può esser trascurato o separato dagli altri.

b. L’eterna danza dello Yin e dello Yang

Cardine della cultura orientale, secondo la teoria dello Yin e dello Yang5, nessuna entità può mai essere sottratta alle relazioni che la collegano alle altre: nessuna cosa esiste in sé e per sé, perché nulla è assoluto. Yin e Yang sono polarità complementari, ovvero categorie che descrivono come le cose funzionano in relazione l’una all’altra e in relazione all’universo. Ma sono anche forze attive che dipingono il continuo processo di mutamento che avviene in natura: sono quindi, allo stesso tempo, un modo di pensare e un sistema di corrispondenze. Sulla base di queste idee, il pensiero cinese ha sviluppato cinque principi:
  1. Ogni cosa ha due aspetti, uno Yin e uno Yang
  2. Ogni aspetto Yin o Yang può essere ulteriormente suddiviso in Yin e Yang
  3. Yin e Yang si creano a vicenda
  4. Yin e Yang si controllano reciprocamente
  5. YineYangsitrasformanol’unonell’altro.
Ne deriva una visione del mondo basata sull’unità fluida degli opposti (“L’Essere e il Non-Essere si generano l’un l’altro”), sull’alternanza paradossale (“L’alto e il basso si invertono l’un l’altro”), sulla dipendenza reciproca (“Il lungo e il corto si formano l’uno dall’altro”), sulla giusta armonia (“Il facile e il difficile si completano l’un l’altro”) e sul bilanciamento proporzionato (“Il suono e la voce si armonizzano l’un l’altro”)6.

c. Oltre il principio di non contraddizione

Nella matrice concettuale cinese non c’è a livello ontologico il dramma dell’opposizione escludente, tanto che ha scarsa importanza il principio di non contraddizione aristotelico per cui la stessa cosa non può contemporaneamente essere e non essere. Ciò che è tortuoso diventa dritto, ciò che è
vuoto diventa pieno. Quando c’è la vita, c’è la morte. ‘Questo’ è anche ‘quello’. La verità, piuttosto che stare soltanto da una parte, risiede nel gioco metamorfico, per cui le cose, A e non A, ‘questo’ e ‘quello’, possono simultaneamente essere e non essere: Yin e Yang si producono l’un l’altro, si implicano l’un l’altro e, in ultima analisi, sono l’un l’altro.
Un’idea simile in Occidente è stata avanzata da Eraclito e da Hegel. Ma in Occidente si è affermata la visione aristotelica, secondo cui il punto fondamentale è comprendere come le cose emergano dal flusso indifferenziato, il Tao orientale, acquistando stabile esistenza individuale: il flusso deve essere differenziato, ritagliato in categorie precise e forme distinte. Per i cinesi, invece, il flusso non è una corrente pericolosa da cui le cose devono lottare per liberarsi, ma una vasta armonia che abbraccia tutto. I cinesi non sono interessati a canoni formali paradigmatici, né a dominare le elusive qualità del Tao: il loro sguardo è interessato alle relazioni, alla trama della suprema configurazione dell’essere.
La mentalità orientale, rifiutando una definizione diretta del Tao, ha sviluppato per questo una sensibilità agli accenni, alle gradazioni, alle allusioni: aforismi, parabole, racconti, molto più simili in ciò alla poesia che alle rappresentazioni sistematiche del pensiero occidentale. La medicina cinese, per questo, non presenta concetti categorici, ma offre disegni sfumati, come nuvole che cambiano forma continuamente.

d. Risonanze invisibili e influenze circolari

Ma il Tao non è neppure un concetto poetico: il Tao, come realtà ultima, può essere percepito, anche in medicina, ma tale percezione deve avvenire nel contesto del flusso, dell’interconnessione e del dinamismo.La medicina cinese, quindi, piuttosto che cercare strutture somatiche fisse tende quindi a cercare attività operative: gli organi sono essenzialmente le loro funzioni. Ogni organo è considerato in base alle sue relazioni con gli altri organi e con le sostanze fondamentali, poiché ciascun singolo elemento è alla fine solo un frammento della totalità.
Inoltre, l’idea di un rapporto causale lineare, così centrale per noi dai tempi di Aristotele, è quasi assente nel pensiero cinese. Se per Aristotele conoscere è sapere il perché, e cioè la causa,

per i cinesi, invece, i fenomeni non si producono per effetto di un atto creativo esterno a essi e la ricerca delle cause non è particolarmente interessante. [...] Secondo il pensiero cinese, gli eventi e i fenomeni si sviluppano in una sorta di cooperazione spontanea, di dinamica interna connaturata con le cose stesse.8

Da questo, ne deriva che, nel modo di pensare cinese, i concetti non sono sussunti così l’uno sotto l’altro, bensì posti uno accanto all’altro all’interno di un modello: non esiste una gerarchia rigida e fissa tra le categorie. Gli eventi non accadono necessariamente a causa di precedenti impulsi esercitati da altre cose, ma si sviluppano perché occupano quella posizione all’interno del movimento perenne dell’universo. Il cosmo è un totalità organica regolata da cicli di mutamento, una rete ordinata di richiami a più livelli. Le catene della causalità lineare occidentale si piegano diventando un gioco circolare di influenze e risonanze sincroniche.
Questi principi metafisici favoriscono a livello epistemologico la percezione di regolarità formali, di pattern. Solo quando tutti i frammenti di informazione sono riuniti, essi creano l’immagine di un quadro di disarmonia, come una descrizione poetica dei dati. Queste immagini sensibili, estetiche, sorgono dal flusso e permettono il riconoscimento delle interconnessioni e delle specifiche qualità dell’essere. Ma sono vere? La domanda, che nasce spontanea nel lettore occidentale, equivale a questa: è possibile dimostrare un’immagine poetica?
Un’immagine poetica può essere condivisa, ci se ne può servire, si può decidere se valga la pena di ascoltarla. Ma non c’è una causa prima, né una verità sopra, oltre o dietro gli eventi. Non è importante scoprire l’autore, il tessitore della tela dell’universo. La verità è immanente, e conoscere significa percepire attentamente il movimento interno del tessuto fenomenico, entrare in sintonia con le sue dinamiche invisibili comprendendo il reciproco gioco della parte e del tutto.

e. Riflessi di macrocosmo e microcosmo

La visione del mondo cinese è quindi circolare e contenuta in se stessa. L’universo è un macrocosmo in cui si rispecchia il microcosmo umano, con i suoi paesaggi corporei soggetti a influenze perniciose e spinte benefiche.

I cinesi non misurano la salute come si fa di solito in Occidente. La salute non è per loro un insieme di grandezze quantificabili, come le concentrazioni chimiche nel sangue e nell’urina. In Occidente, la salute è analizzabile indipendentemente dalla malattia: è un’elaborata costruzione su cui si basa tutta una pratica della medicina. Per i cinesi, invece, la salute è uno stato teorico in cui nessuno dei segni corporei è anormale.9

Salute e armonia emergono quando gli aspetti dello Yin e dello Yang, che esprimono dinamiche umane e cosmiche allo stesso tempo, si mescolano in modo equilibrato, esattamente come i tratti e gli elementi di un quadro definiscono la qualità di un’opera d’arte. E se un quadro è un microcosmo che riproduce le giuste relazioni del macrocosmo, un essere umano è a sua volta un universo in miniatura.

Perciò il medico cinese guarda il paziente come un pittore guarda un paesaggio: come una particolare combinazione di tratti, in cui è possibile cogliere l’essenza del tutto. I segni del corpo, naturalmente, sono in una certa misura diversi da quelli della natura: essi includono il colorito del viso, l’espressione delle emozioni, il senso di agio o la presenza di dolore, la qualità del polso e così via. Ma essi esprimono l’essenza del paesaggio corporeo.10

Questa sensibilità artistica favorisce il riconoscimento di qualità sottili e somiglianze significative. Nella medicina cinese le quantità non hanno un ruolo principale: ogni individuo, infatti, è una cifra unica, un disegno particolare. Il Cuore, i Reni, i Polmoni della medicina cinese non sono il cuore, i reni, i polmoni fisici e anatomici della medicina occidentale: sono, invece, “personae”, maschere in una rappresentazione teatrale della salute, della malattia, e del movimento del cosmo.

f. Integrazione sistemica multidimensionale

Al termine del suo libro, Kaptchuk traccia un bilancio complessivo.

La medicina occidentale non si occupa del benessere generale dell’individuo, perché è in grado di valutare solo frammenti discreti di informazione. E inoltre è radicata in una società i cui processi di routine non solo provocano stress, ma contaminano l’ambiente in misura tale che ogni nuovo comfort può nascondere una nuova minaccia per la vita. La nostra medicina rispecchia la nostra società: spesso una nuova cura produce effetti collaterali di inaspettata virulenza. E l’istituzione centrale del nostro sistema medico, l’ospedale, è strutturato in modo da non essere che una ‘fabbrica della salute’, il che è una contraddizione in termini.11

Al contrario, l’approccio orientale

si rifiuta di considerare l’individuo come un’entità separata dal suo ambiente. E, più importante ancora, la medicina cinese cerca di localizzare la malattia nel contesto o campo unitario dell’essere totale fisico e psicologico della persona.12

L’efficacia di questo paradigma si deve anche al fatto che è fin dal principio psicosomatico: comprende cioè anche forme di influenza sottile, realizzando così quell’unità sistemica a più livelli dell’essere umano che faticosamente la nostra medicina sta cercando di ritrovare dopo la scissione cartesiana di corpo e mente. Inoltre, ogni cura è dolce, graduale, delicata, essendo tagliata su misura sulla singolarità del paziente, irriducibile a protocolli standard generici.

La medicina cinese, inoltre, è in grado di curare quelle malattie che nascono dalle complesse interrelazioni dei fenomeni fisici e mentali meglio della medicina occidentale (in verità, l’idea stessa di unità di corpo, mente e spirito è una delle ‘zone cieche’ della scienza occidentale). Sottolineando l’equilibrio e la relazione più della quantità misurabile, la medicina cinese è spesso in grado di individuare e curare una disarmonia prima che essa si renda osservabile alle tecnologie diagnostiche occidentali più sofisticate. Essa è in grado di toccare quei luoghi che sfuggono al microscopio e che costituiscono, dopotutto, la realtà umana.13

g. Oltre il bisturi e il laser

La visione tradizionale cinese ci restituisce l’immagine di una realtà all’insegna della complessità, della dinamicità e tuttavia dell’unità. L’anatomia e la fisiologia hanno un taglio funzionale, quasi teatrale. L’essere umano è una totalità biopsicologica connessa a più livelli ai molti sistemi che lo attraversano. La salute è frutto di una disciplina interiore attiva, di un equilibrio plurifattoriale che include ambiente, emozioni, credenze, stili di vita, alimentazione, modi di fare: l’ideale è vivere secondo natura, in armonia col flusso cosmico che tutto abbraccia.
Sul versante occidentale, invece, dopo la rivoluzione scientifica si è imposto un paradigma che ha spezzato la continuità vivente dell’esperienza. Questa visione ci restituisce l’immagine di una realtà scomponibile in mattoncini ultimi, misurabili, che si combinano e si urtano tra loro in modo meccanico, come le palle da biliardo nel famoso esempio di Hume. L’esigenza di rigore e oggettività ha finito per ridurre il reale al fisico, al materiale, visibile e concreto, spezzando il legame analogico che teneva unito il mondo grazie a una trama di invisibili corrispondenze.
Secondo il modello medicalizzato occidentale, l’ideale terapeutico è appunto quello di penetrare dall’esterno lacerando il tessuto umano come un bisturi, raggiungere con la precisione di un laser
l’agente patogeno microscopico e rimuoverlo con il colpo sicuro dello specialista, oppure somministrare una pillola, vero e proprio proiettile magico, che con la rapidità del calcolo computerizzato distrugge il nemico che ha si è infiltrato superando le difese personali. La salute deriva dalla vittoria armata nella guerra d’aggressione subita dall’esterno.
Queste immagini agiscono sulla coscienza occidentale ancora oggi, con tutte la potenza di un archetipo sedimentato ormai da tempo: tuttavia, non sono l’ultima parola, né l’unica. Anzi, si può mostrare come dipendano dalle dinamiche di ombra di questo paradigma, e nello specifico dal privilegio accordato al momento dell’opposizione, della lotta, della scissione. Lasciamo quindi da parte la mentalità cinese per riflettere sulla struttura concettuale del paradigma occidentale moderno e sulle sue ricadute mediche.


2. VERSO UN NUOVO PARADIGMA

a. La crisi del paradigma biomedico

Materialismo, atomismo, meccanicismo, riduzionismo: questi gli ingredienti alla base del modello scientifico moderno, su cui si basa l’approccio biomedico, che mostra sempre più i suoi limiti. Nello specifico, la tendenza della medicina è quella di diventare sempre più frammentaria e specialistica, non considerando né l’uomo nella sua globalità né il rapporto con l’ambiente, e non preoccupandosi di coinvolgere attivamente il paziente nel processo di guarigione. Eppure negli ultimi tempi sta lentamente emergendo un nuovo modo paradigma, favorito dal processo di autocorrezione scientifico. Kaptchuk ne elenca tre elementi.
In primo luogo, lo studio del funzionamento del sistema nervoso e dei complessi meccanismi di feedback dell’orchestra endocrina hanno messo in crisi l’idea di una causalità lineare e di una struttura piramidale, poiché non è facile scoprire quale sia l’elemento centrale che a un dato momento assume il comando. I centri nervosi e le ghiandole endocrine formano un continuum reticolare molto flessibile e gerarchicamente fluttuante.
In secondo luogo, la fisica quantistica ci descrive un mondo in cui le parti sono non localmente connesse, in modo tale che le loro relazioni dinamiche dipendono in maniera irriducibile dallo stato dell’intero sistema e in verità da quello di sistemi più ampi in cui sono contenute, che si estendono in senso ultimo fino all’intero universo. Secondo questa interpretazione, emergerebbe quindi un concetto di universo come totalità inscindibile, che negherebbe l’idea classica di un mondo analizzabile in parti separate e indipendentemente esistenti.
In terzo luogo, secondo la critica ecologica alla medicina moderna è possibile che la ricerca della causa, secondo il modello particellare meccanico e lineare, risulti un’impresa vana perché la maggior parte degli stati di malattia sono il risultato indiretto di una costellazione di circostanze, anziché il risultato diretto di singoli fattori determinanti.14
Inoltre, si va sempre più affermando il modello teorico della psiconeuroendocrinoimmunologia15, PNEI in sigla, come evoluzione verso un paradigma di medicina integrata, sintesi del meglio dell’approccio biomedico moderno e delle antiche tecniche tradizionali e non convenzionali. Ci soffermiamo ad analizzarlo.

b. Il modello della PNEI: la grande connessione

Secondo il vecchio modello di uomo, così descritto da Bottaccioli, presidente della Società Italiana di PNEI, il cervello umano è simile a un computer, una stazione di comando centrale che conosce l’esterno leggendolo come un calcolatore legge un nastro magnetico, e governa l’interno tramite ordini impartiti dall’alto al basso attraverso la rete nervosa. Il cervello è il reparto speciale e inaccessibile dell’organismo, i suoi codici e i suoi componenti sono unici e non rintracciabili in nessun altro organo. A loro volta, le difese immunitarie sono di tipo meccanico e automatico: l’anticorpo blocca l’antigene, neutralizzandolo. Gli ormoni sono un sistema di bioregolazione automatica, la cui influenza sulle malattie comuni è praticamente nulla.
Secondo il modello PNEI, invece, il cervello pur essendo la sede delle funzioni intellettive umane non solo non è paragonabile a un calcolatore nel suo modo di leggere la realtà esterna, ma è al tempo stesso a tutti gli effetti una grande ghiandola endocrina. Il sistema immunitario, inoltre, può essere definito come un vero e proprio organo di senso, un occhio interno organizzato in reti che sorvegliano sia l’interno che l’esterno. Le ghiandole endocrine, in questa concezione, non sono dei semplici termostati, ma costituiscono un sistema strutturato a più vie che, in collaborazione con i sistemi nervoso e immunitario, mette in atto le reazioni vitali dell’organismo umano garantendo l’omeostasi. Infine, la comunicazione all’interno dell’organismo non è di tipo gerarchico, ma bidirezionale e diffuso.16
Ma andiamo più nello specifico dei tre grandi sistemi di comunicazione dell’uomo: il sistema nervoso, il sistema immunitario e il sistema endocrino.
Per quanto riguarda il sistema nervoso, è emerso che l’encefalo è plastico e capace di rinnovarsi in stretta relazione con l’ambiente: si possono modificare in maniera reversibile i rapporti tra cellule nervose per rispondere a stimoli esterni formando nuove connessioni che modificano le aree cerebrali, e si possono formare nuove cellule nervose grazie all’apprendimento di nuove cose e nuove abitudini. Il sistema nervoso autonomo, il neurovegetativo, ha anche funzioni sensoriali: le fibre neurovegetative lavorano all’interno di una rete orizzontale in stretto contatto con le fibre nervose sensoriali, le cellule immunitarie e i vasi sanguigni.17

Per quanto riguarda il sistema immunitario, è emerso che si tratta di una vera e propria rete cognitiva composta di miliardi di unità di riconoscimento in costante e dinamica circolazione: il sistema è capace di autoregolarsi, non escludendo alcun organo dal proprio dominio di monitoraggio. Come organo di senso interno, partecipa attivamente alla modulazione fisiologica dell’equilibrio umano, essendo influenzato ed influenzando il sistema nervoso e quello endocrino. Le normali modalità di risposta immunitaria attivano circuiti con una doppia polarità oscillante, un po’ come lo Yin e lo Yang.18

Per quanto riguarda il sistema endocrino, è emerso che gli ormoni non agiscono localmente e singolarmente, ma in modo coordinato e integrato, collaborando con neuroni e cellule immunitarie. L’assetto del sistema endocrino è sensibile a situazioni esterne e stimoli stressanti: forti emozioni incidono sull’equilibrio endocrino e sui ritmi ormonali. L’idea degli assi neuroendocrini, di autostrade cioè verticali e parallele senza collegamento tra loro, ha ceduto il passo all’idea di rete, con scorciatoie, inserimenti laterali e collegamenti orizzontali. La cronobiologia ha mostrato poi la danza della vita, l’origine genetica ma allo stesso tempo l’influenza di fattori socioambientali sui ritmi biologici e sulla loro sincronizzazione, giungendo alle stesse conclusioni del pensiero tradizionale cinese sulle ore di picco di ogni organo.19
Molto interessanti anche i risultati della neurobiologia contemporanea sulla psiche. Negando ogni forma forte di dualismo, è emerso che la mente è un prodotto emergente ma con un relativo grado di autonomia rispetto all’attività cerebrale, e che non è assimilabile all’attività di un computer in quanto non è un programma formalizzato e astratto che possa prescindere dal contesto biologico, evolutivo e sociale in cui opera. Inoltre, sentimenti, emozioni e attività cognitiva sono strettamente intrecciati e interdipendenti, ed è questo complesso che influenza decisioni e comportamenti umani. Ne emerge la visione di una mente sociale incarnata: la mente riceve e produce effetti sociali nell’ambiente, la mente riceve e produce effetti biologici sul cervello, in un contesto di adattamento reciproco plastico e creativo.20
In questo panorama di interconnessione alto-basso e interno-esterno, i confini sfumano ed i dualismi tradizionali non sono più barriere insormontabili.

Il ‘salto’ dallo psichico al somatico non è più un salto mortale scientifico.21

c. L’essere umano come network di sistemi in equilibrio

Con l’attenuarsi delle differenze, poi, tra neurotrasmettitori, ormoni e citochine risulta che il linguaggio che usa il corpo umano è unitario ed è fondato su parole riconoscibili da tutti i reparti del network. L’essere umano funziona insomma come una rete di sistemi in equilibrio dinamico. La PNEI restituisce l’immagine di un vasto sistema interattivo integrato e in relazione reciproca con l’ambiente fisico e sociale. Il vecchio modello basato sulla contrapposizione tra organi, sulla separazione tra mente e corpo e sulla specializzazione esasperata, sta quindi gradualmente cedendo il posto al modello PNEI: i codici e le parole del grande network della vita sono le stesse, il collegamento è a doppio senso di marcia.
Grazie a questo paradigma sistemico, il medico non vede più la persona a pezzi, o come contenitore di malattie e sintomi. Inoltre, la rete umana può essere influenzata non solo dai farmaci, bensì anche dall’alimentazione, dalle piante, dall’attività fisica, dalle tecniche psicologiche, dalle tecniche di controllo dello stress, da strumenti terapeutici antichi ed eterodossi che hanno una crescente documentazione scientifica. Si può agire, cioè, sia dal basso, bottom-up, che dall’alto, top-down.

L’essere umano risulta quindi un sistema complesso, cioè composto da una pluralità di elementi che interagiscono in modo non lineare, dinamico, ovvero in continua fluttuazione, e aperto, che influenza ed è influenzato quindi dall’ambiente. La matrice concettuale che modella questi fenomeni non può basarsi su una logica dell’opposizione, ma su una dialettica della relazione, come quella Yin Yang. Questo modello terapeutico, infatti, si chiama medicina integrata.

d. Oltre la PNEI: il segno, il simbolo e il transpersonale

Ma per comprendere l’essere umano anche il modello offerto dalla PNEI sembra risultare insufficiente. Alla luce delle ultime frontiere scientifiche, un ulteriore modello elaborato a cavallo tra medicina quantistica informazionale ed ecobiopsicologia da parte di Pier Mario Biava, professore e primario di medicina, Diego Frigoli, psichiatra e psicoterapeuta, ed Ervin Laszlo, filosofo e fondatore del Club di Budapest, ci porta verso un orizzonte più ampio, così descritto nel loro manifesto per un nuovo paradigma in medicina22.
Secondo questa visione, tutto ciò che esiste, vive e funziona nell’universo, dai livelli di organizzazione più elementari fino agli organismi più evoluti, ha due caratteristiche essenziali: possiede un ordine, una coerenza, una forma funzionale interna, e si colloca all’interno di una rete complessa a sua volta organizzata, fatta di relazioni che vanno dai legami fisico-chimici fino ai rapporti sociali, economici e psicologici. L’informazione organizza il mare di energia della matrice cosmica, e coordina funzionalmente le interazioni fra le diverse reti locali. I sistemi viventi sono strutture che si automantengono di energia informata, codificata da specifici modelli configurazionali: in altre parole l’informazione dà coerenza a tutto ciò che esiste come materia e energia.
Al di là di ogni confine, ogni organismo vivente è in relazione con il contesto tramite continui scambi informativi: diventa quindi centrale il tema della coscienza come interfaccia tra uomo e ambiente, e tra sistemi viventi e non viventi. La coscienza è presente in tutto l’universo, anche se non allo stesso livello. A livello cellulare, la cognizione è comune a tutte le forme viventi e rappresenta la base biologica del processo della vita. Nell’uomo, oltre alla cognizione, è stata individuata una coscienza primaria che sorge quando i processi cognitivi sono accompagnati da esperienze percettive, sensoriali ed emozionali. Accanto a questa, vi è una coscienza secondaria o autocoscienza riflessiva, che include la capacità di usare immagini simboliche, e costruire poi sistemi di valori, credenze, e scopi.

Se la cognizione si esprime attraverso un codice informativo segnico, la coscienza riflessiva si esprime attraverso un codice sia segnico sia simbolico - analogico. (..) Pertanto, la possibilità di comprendere l’uomo nella sua complessità necessita di un’integrazione delle diverse informazioni (somatiche, psichiche, familiari, sociali) e di un linguaggio specifico con un codice di significazione doppio, da un lato “segnico” (“sistema cognitivo informato”, P.M.Biava) e dall’altro “analogico- simbolico”.23

L’esperienza ha dunque aspetti logico analitici e aspetti analogico simbolici: comprendere l’uomo richiede lo studio di fisica, chimica, biologia, etologia, evoluzione ma anche di mitologia, religione, poesia, arte. È possibile quindi superare il riduzionismo della scienza per una visione più completa
del fenomeno della vita integrando i dati biochimici della medicina moderna con la logica della psicosomatica e dell’inconscio, personale e collettivo.
La psicologia del profondo ci offre, infatti, questa visione. Oltre al regno del segno e della causalità lineare, governato dal principio di non contraddizione del sistema-conscio, l’uomo fa parte del regno del simbolo e della metamorfosi continua, analogica e circolare del sistema-inconscio.24 C’è continuità tra inconscio, conscio e natura: insomma, non c’è frattura tra psiche e materia. Il ponte di collegamento è il campo archetipico, che connette in maniera sincronica la psiche individuale a quella collettiva, come parti di una struttura che nell’insieme rimanda all’universo nel suo complesso.25

Oggi sempre più, quelle ipotesi intraviste dai mistici di un campo di coscienza collettivo sono postulate dalle più recenti scoperte scientifiche, che ritengono come tra noi, gli altri e la natura, si stabiliscano sottili connessioni secondo le quali la nostra stessa esistenza è incastonata, durante la nostra vita, nel territorio del Tutto. La nostra mente in definitiva, è collegata alla Coscienza Cosmica.26

Non solo la psiche, però, ma anche il corpo umano è un mandala cosmico, connesso ontogeneticamente e filogeneticamente al tutto.27 Ma se la materia è soggetta all’inesorabile aumento dell’entropia, la psiche invece si evolve verso più sottili organizzazioni strutturali neghentropiche. Grazie al potere unificante del simbolo, che opera una coniunctio, un “matrimonio sacro” tra elementi di dimensioni diverse, e grazie al potere di coordinamento dell’analogia, l’uomo può accostarsi sia al lato visibile che a quello invisibile dell’universo, inteso come Unus Mundus, una totalità di corrispondenze significative, concetto già presente nelle cosmovisioni sciamaniche, nell’ermetismo neoplatonico e nel pensiero cinese.28
Ken Wilber, esponendo il punto di vista della psicologia transpersonale, così descrive questa complessiva tendenza all’unità.

Ovunque rivolgiamo lo sguardo, in natura, non vediamo altro che interezza. Un’interezza che è anche organizzata secondo un preciso principio gerarchico: ogni intero è parte di qualcosa di più grande, che a sua volta è parte di qualcosa di più grande ancora. Campi dentro campi dentro campi, che si estendono attraverso l’universo, e intrecciano ogni singola cosa con ogni altra cosa. [...] L’universo è energeticamente dinamico e persino creativo. Esso tende a produrre sistemi di livello sempre più alto, sempre più inclusivi e organizzati. Complessivamente, il processo cosmico, via via che si compie nel tempo, altro non è che evoluzione. [...] Se continuassimo con questa linea di pensiero, potremmo dire che poiché la mente umana o psiche è un aspetto dell’universo, ci aspetteremo di trovare, in essa, la medesima struttura gerarchica di sistemi compresi in altri sistemi, passando dal più semplice e rudimentale al più complesso e inclusivo. In linea di massima, è proprio questa la scoperta della psicologia moderna.29


Che riflesso ha tutto questo sul campo della medicina?

L’attuale scienza medica e l’esercizio della medicina sono ancora però saldamente radicati nel pensiero cartesiano, al punto che si considera la salute come un quadro fisso di engrammi statici: elettrocardiogramma perfetto, lettura della pressione arteriosa adeguata ed esami ematochimici nella norma.30

Fin ad ora, la scienza medica ha fornito un’immagine frammentata del mondo vivente, scindendosi in discipline specialistiche apparentemente indipendenti. Le nuove scoperte portano ad intravedere un nuovo paradigma unificante. L’idea della materia inerte che si muove meccanicamente nello spazio vuoto è ormai superata. I fenomeni sono entità dinamiche intrinsecamente collegate nello spazio e nel tempo, che partecipano al processo evolutivo universale che muove da sistemi semplici indifferenziati verso sistemi complessi, integrati, con elevati livelli di ordine e coerenza. L’essere umano, anche nei suoi aspetti psicologici, non è estraneo a questa evoluzione.

Il corso dello sviluppo umano, così come l’evoluzione in generale, procede dal subconscio alla coscienza di sé, per arrivare alla supercoscienza: dal pre-personale al personale al transpersonale.31

La medicina moderna, però, è focalizzata soprattutto sulla cura di malattie localizzate che tenta di correggere a livello fisico materiale mediante interventi con medicinali sintetici. Ma per migliorare la salute e preservare il benessere è necessario ampliare la prospettiva: una malattia come disfunzione di un organo, implica infatti un difetto di informazione dell’intero organismo. E l’intero organismo è connesso sia a livello locale con altri organismi sia a livello globale con il tutto, per di più da diversi punti di vista.
L’essere umano, in definitiva, secondo questo modello, risulta uno “psicosoma informato”32multidimensionale, poiché si muove fluidamente tra livello segnico e livello simbolico.33 La salute, quindi, può esser definita come “un equilibrio dinamico del soggetto appartenente alla rete della vita”, mentre la malattia è “un disequilibrio informativo”. In generale, nella processo della malattia e della guarigione sono coinvolte più dimensioni, risultando la malattia da un difetto di comunicazione tra i vari piani dell’essere.


3. ILPENSIERO SISTEMICO

a. Dalle parti al tutto: nel network del mondo

Riassumendo il percorso compiuto fino ad ora, la concezione scientifica che sta emergendo può esser intesa come parte di un più generale cambiamento di paradigma, che Fritjof Capra, fisico e filosofo, e Pier Luigi Luisi, professore di biochimica, nel libro Vita e natura. Una visione sistemica, così descrivono:

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da una visione meccanicistica del mondo ad una olistica ed ecologica. [...] da una visione del mondo come macchina a una che concepisce il mondo come rete.34

Nel nuovo paradigma, l’accento cade sull’insieme piuttosto che sulle parti. L’attenzione alle parti nel corso della storia ha dato luogo al meccanicismo, al riduzionismo e all’atomismo. L’attenzione all’insieme ha dato luogo all’olismo, all’organicismo e all’ecologismo. La tensione essenziale è quella tra la materia e la forma. Se l’accento cade sulla materia, ci si concentra sugli elementi fondamentali, sulla misurazione, sulla quantificazione. Se l’accento cade sulla forma, ci si concentra sull’organizzazione, sulla qualità e sulla mappatura.
Il pensiero analitico scompone l’unità in parti indipendenti, concentrandosi sugli aspetti materiali visibili, sul substrato ultimo, sugli elementi. Il pensiero sistemico, al contrario, ha di mira l’organizzazione contestuale dell’intero, concentrandosi sugli aspetti immateriali invisibili, sull’ordine tacito implicito, sulle dinamiche processuali.
Per fare un esempio di come si applica questo paradigma, la nozione ontologica di oggetto non sarà più intesa come struttura materiale cosale, ma come schema di probabilità di interconnessione. La nozione chiave è pattern: configurazione ordinata di relazioni. Il paradigma sistemico, infatti, è particolarmente adatto per descrivere il fenomeno della vita.
I sistemi viventi, infatti, sono basati su schemi di organizzazione reticolari non lineari, auto- organizzati, in retroazione e autoregolanti. Ogni sistema vivente è un’unità cognitiva autopoietica, che emerge in modo non locale dalle interazioni collettive degli elementi che lo compongono, operazionalmente chiuso ma in relazione con l’ambiente esterno, e che si automantiene rigenerando continuamente le proprie componenti dall’interno.
Ambiente e organismo si intrecciano in una dinamica di co-evoluzione. La vita stessa è una proprietà emergente sinergica, all’intersezione tra ambiente, cognizione ed autopoiesi. Oltre alla classica causalità bottom-up, dal basso verso l’alto, la vita prevede anche una causalità top-down, dall’alto verso il basso. I sistemi viventi, poi, sono connessi con i sistemi non viventi grazie a complessi anelli di feedback, e sono inclusi gerarchicamente in sistemi sempre più grandi, fino ad arrivare al pianeta Terra nel suo insieme, che sarebbe a sua volta un sistema auto-organizzato, secondo l’ipotesi “Gaia” di Lovelock e Harding.

b. La salute dal punto di vista sistemico

Il concetto di salute che emerge, quindi, non può essere quantitativo, misurabile e statico. La salute è un’esperienza ampiamente soggettiva, uno stato di benessere che si sviluppa quando la persona è globalmente centrata e in equilibrio. Connessa all’idea di vita, la salute è un processo in divenire, implica attività e risposte creative alle sfide ambientali. E dato che ogni essere umano è un sistema vivente che mostra un alto grado di stabilità dinamica, pur soggetto a fluttuazioni multiple e indipendenti, la salute risulterà appunto da questa flessibilità, da questo bilanciamento dinamico, dalla capacità di autorinnovamento.
Molti modelli tradizionali già riconoscono le capacità autoterapeutiche intrinseche ad ogni organismo vivente: dopo una fluttuazione, un periodo di malattia, il sistema torna ad uno stato di equilibrio, talvolta completamente nuovo. È necessario quindi sviluppare un senso di consapevolezza e responsabilità individuale e collettiva sui molti elementi che concorrono alla salute: il cibo, il sonno, l’ambiente, l’esercizio fisico, le buone relazioni.
La salute, quindi, in generale dipende da interazioni multidimensionali e da dinamiche plurifattoriali: include aspetti biologici, genetici, fisici, cognitivi, emozionali, mentali, psicologici, familiari, relazionali, e spirituali. Il primo livello di salute individuale va integrato con una visione complessiva della salute a livello sociale ed ecologico.

c. La nuova alleanza tra medicina e filosofia

Il vecchio modello biomedico sta quindi lentamente tramontando, nonostante la resistenza degli apparati economici, ideologici e politici di cui è costituito. Il riduzionismo materialistico sembra superato, la fede nel potere dei farmaci sembra aver sempre meno presa sulla coscienza. Potenti fattori di evoluzione sono stati: la capacità di autoemendamento della scienza e della medicina, l’aumentata consapevolezza dei cittadini, il contributo della filosofia nel cambiamento paradigmatico.
È utile ricordare che nell’antica Cina e nell’antica Grecia medici e filosofi erano identificati nella stessa persona. La cura degli altri era inscindibile dalla cura di sé. La medicina, infatti, emersa dallo stesso orizzonte culturale della filosofia, irriducibile alle scienze da cui trae alimento come la fisica, la chimica, o la biologia, non era una scienza, non avendo come scopo la conoscenza, ma un’arte: l’arte della cura dell’uomo. L’essere umano, infatti, si trova al punto d’intersezione dei relativi domini di medicina e filosofia.35
E per quanto la medicina abbia una sua legittima autonomia, necessita sempre di un supporto nella riflessione critica sui propri presupposti e sui propri punti ciechi.

Oggi, in un’epoca di crisi radicale della cultura occidentale e di profonde rivoluzioni nei fondamenti della scienza, è più che mai opportuno riannodare i fili spezzati dell’antichità greca e cinese, che presenta una trama unitaria e che mostra quanto radicate siano nella psiche e nella cultura umana idee che, inabissate negli ultimi secoli, oggi riemergono: unità dell’essere umano, interdipendenza dei fenomeni, consapevolezza, compassione, cura di sé e cura degli altri, spiritualità come ricerca di una via di saggezza. Idee forti che oggi è possibile far rivivere cariche di speranza.36

Dopo la scissione moderna, insomma, sembra giunto il momento della riconciliazione su un piano superiore. Nelle parole di Bottaccioli:

dopo duemila anni occorre rimparare a nutrire la vita. Con la scienza e le tecnologie moderne, ma con la stessa ispirazione degli antichi, greci e cinesi.37

d. La cosmovisione sciamanica

In conclusione, basandoci sulle riflessioni di Ana Maria Llamazares, antropologa argentina, ricercatrice scientifica, esperta di diversità culturale e pensiero sistemico, proponiamo una prospettiva storica e teorica che riassuma un po’ tutti le idee finora esposte, allargando ulteriormente l’orizzonte fino ad includere la cosmovisione sciamanica.38
Secondo questa lettura, il processo di occidentalizzazione moderna, figlio della rivoluzione scientifica e industriale, dell’Illuminismo, e dell’era tecnologica, ha prodotto dolore e sofferenze di ampia portata, quasi come una perdita collettiva dell’anima. Dietro le molteplici ferite che ci circondano, dal soffocamento di Gaia, alla manipolazione genetica di intere specie animali, dalla distruzione della natura, alle malattie del corpo e dell’anima, c’è come un nucleo comune: frammentazione, lacerazione, opposizione, esclusione, competizione, sfruttamento sono tutti fenomeni che derivano dalla scissione e dalla perdita di connessione. E questo principio metafisico dell’Occidente, sul piano epistemologico, evolutivo e spirituale, si porta dietro una terribile ombra.
Da un punto di vista epistemologico, il paradigma moderno si è imposto con la divisione cartesiana tra res cogitans e res extensa, che si estende poi all’opposizione tra soggetto e oggetto, osservatore e osservato, uomo e mondo. Questa frattura genera un doppio disincanto: della natura fuori di noi, sfruttata e sottomessa al dominio umano, e della natura in noi, con la mente reificata, lacerata ed alienata. La discontinuità tra soggetto e oggetto, quindi, genera una distanza emozionale da tutto ciò che vive ed esiste. Dalla perdita del senso di appartenenza a una totalità che ci avvolge, ne emerge un senso assoluto di abbandono: come se fossimo soli al mondo e di conseguenza la vita non avesse senso o valore. Il riduzionismo materialista, la convinzione cioè che il mondo è solo la realtà materiale, non ha fatto che aggravare la situazione. Questa epistemologia dell’oggettività, con la valorizzazione della neutralità e della certezza fondazionalista, ha imposto il giudizio scientifico come unico tribunale di verità e garanzia di sicurezza.
Tutto ciò che non cadeva sotto le categorie dell’oggettività è stato perduto nel corso della storia: tutto quello che era artistico, irrazionale, magico, sensitivo, intuitivo, corporeo, affettivo, paradossale, mistico, sacro, spirituale, è finito per esse considerato una forma di conoscenza poco affidabile. Le possibilità della conoscenza sono state limitate all'osservazione dei sensi e alle costruzioni mentali: ma in questa maniera si alimenta l’illusione della separazione, escludendo la possibilità di rendersi conto che esistiamo come esseri individuali e isolati solo lì, nel piano materiale. La coscienza dell’interconnessione, però, la consapevolezza cioè della nostra partecipazione naturale alla trama della vita, è possibile solo trascendendo il piano immediato materiale per accedere ad altri livelli di realtà e percezione più sottile. L’egemonia di questa razionalità scientifica unilaterale si è costituita rimuovendo e spingendo nell’ombra in modo violento l’altro, il diverso da sé. Ma come tutto nell’universo segue la legge della compensazione, il rimosso ritorna, anche in maniera disordinata, e reclama integrazione.
Da un punto di vista evolutivo, l’emergere del paradigma moderno ha comunque permesso la costituzione dell’identità dell’essere umano come entità autonoma rispetto alla natura. Ma tutte le tappe dell’evoluzione della coscienza, dall’inevitabile perdita della partecipazione mistica con il cosmo, fino alla propria rivendicazione di soggetto autoconsapevole, hanno comportato successive cesure e tagli che hanno lasciato ferite aperte nella memoria collettiva. Come risultato del processo di affermazione dell’ego collettivo per mezzo di ripetute frammentazioni, compare una delle esperienze occidentali più diffuse: l'angoscia, con i connessi stati di ansia, panico, solitudine, depressione, vuoto, e la compulsiva ricerca dell’estasi come narcotico per la costante insoddisfazione.
Dal punto di vista spirituale, il paradigma moderno ha aperto la strada ad una cultura della materialità e dell’immediatezza che ha fatto perdere agli occidentali la qualità simbolica e magica dell’esperienza, della vita e del mondo. Nella cosmovisione sciamanica, espressa anche dalla legge delle corrispondenze ermetiche, la realtà nel suo insieme è concepita come una totalità piena di significato che si dispiega in una successione di dimensioni a più livelli, inclusivi e interrelati, dentro ai quali è possibile incontrare isomorfismi, analogie e connessioni. La realtà è un continuum energetico: le differenze tra i piani spirituali, animici e fisici sono solo una questione di gradi e addensamenti. In realtà le corrispondenze tra i piani multipli esistono sempre e in tutte le direzioni.
Assumendo questo orizzonte di pensiero, lo sciamanesimo può essere quindi un autentico cammino di guarigione, perché ci riconnette con l'esperienza del sacro, restituendoci la fiducia e il senso di appartenenza ad un ordine superiore che ci abbraccia, e dissolvendo così i fantasmi della paura, della solitudine e dell'angoscia. La cornice concettuale sciamanica nella quale si concepiscono salute e malattia è per questo multidimensionale e fondamentalmente spirituale. Anche se di solito le malattie vengono concepite come qualcosa di concreto che colpisce la persona, il processo di guarigione sciamanica avviene sempre su più piani simultaneamente, non solo cioè nel corpo fisico, quanto piuttosto anche sul piano spirituale, psichico, ed energetico.
Nonostante possa sussistere un agente esterno, un'aggressione o un trauma violento, la causa più profonda dei disturbi sta sempre in una mancata armonia delle forze: la vera causa della malattia è la perdita dell'equilibrio. L’essenza della ritualità terapeutica sciamanica è quindi un lavoro energetico, e consiste nell’assicurare la comunicazione, il flusso dinamico delle energie attraverso il dialogo tra forze e spiriti che operano nei diversi piani. Ed è qui che entra in gioco il simbolo, come un ponte, che attraverso forme visibili ci offre riflessi invisibili di altri livelli di realtà. L'efficacia del simbolo si produce quando questo esprime nel suo proprio ordine di esistenza principi metafisici di un altro ordine di esistenza: ben oltre il piano psicofisico, lo sciamano opera con simboli di tutti i tipi in base a una metodologia analogica. E si tratta di metodologie che trovano conferme sempre più documentate della propria efficacia, in accordo con le nuove concezioni energetiche non solo della psicologia ma anche della fisica e della medicina vibrazionale.
In questo prospettiva più ampia, è possibile guarire anche malattie profonde e sanare ferite animiche integrando parti della nostra coscienza che sono state represse, proprio perché la frammentazione interessa una dimensione molto delicata dell'essere umano, che richiede di ristabilire legami che sono stati tagliati e connessioni che si sono assottigliate fino quasi a farsi impercettibili. Vediamo, quindi, che parlando di guarigione non si tratta di eliminare sintomi né di sconfiggere agenti patogeni: la guarigione è un processo complesso di riequilibrio energetico multidimensionale, che comprende la totalità della persona, corpo, anima e spirito, trascendendo l'aspetto esclusivamente somatico. La vera guarigione si raggiunge soltanto attraverso la complementarietà e l'integrazione di tecniche fisiche e psicologiche, ma anche spirituali, perché una riparazione delle ferite richiede sempre un'apertura di cuore per risvegliare la facoltà amorevole dell'accettazione. Tutto ciò necessita pazienza e fiducia nel tempo tipico dei processi naturali, che è sempre più lento del tempo della nostra mente e dei nostri desideri.
In definitiva, l’equilibrio dinamico dei diversi piani energetici favorisce un allineamento della persona verso l'interno, quindi verso sé stessa e le proprie dinamiche represse, e verso l'esterno, migliorando i suoi legami con ciò che ha intorno: benessere e salute favoriscono la consapevolezza dell’unità, e viceversa.
Lo sciamanesimo, quindi, come visione del mondo e pratica terapeutica, acquisisce un’importanza filosofica: si configura cioè come una delle architetture della conoscenza più ampie e dettagliate, un autentico esempio di pensiero sistemico. La sua vitalità e validità testimonia che è possibile vivere in un altro modo: e cioè con altri ideali, basati sull'accettazione e la convivenza con ciò che è diverso, nella costante familiarità con ciò che non è ordinario, con la multidimensionalità e la ricerca attiva della complementarietà degli opposti. Recuperare il senso di appartenenza a un universo intelligente e sensibile, sentirci parte di questa danza e ristabilire questo vincolo sacro può essere una buona via per ritrovare collettivamente l'armonia.

e. Una riconciliazione possibile?

Il pensiero sistemico, olistico ed ecologico, è emerso quindi come il nuovo paradigma centrale in grado di render conto di fenomeni complessi quali la vita, la salute, la malattia, il benessere. E il crescente interesse che l’Occidente mostra sempre più per fenomeni come le culture tradizionali e lo sciamanesimo, testimonia il ritorno di un profondo desiderio di comprensione, senso e interezza. In più, sembra possibile tradurre, far convergere e sovrapporre i modelli che ci offrono alcune avanguardie scientifiche con le conoscenze tradizionali indigene.
Che sia forse giunto il momento della riconciliazione tra scienza e spiritualità? Che sia forse giunto il momento di un matrimonio tra la mente moderna e il cuore tradizionale?
È in questo orizzonte che la filosofia può giocare un ruolo importante, favorendo il confronto, l’integrazione e l’estensione delle molteplici matrici concettuali, e costruendo architetture della conoscenza sempre più ampie, articolate e comprensive. Perché in fondo, anche se lo abbiamo dimenticato, la vita è una – e tutto è connesso.

NOTE: 

Ted J. Kaptchuk, Medicina cinese. Fondamenti e metodo, red!, Milano, 1988, pag. 25 (corsivi nostri)
Ibidem (corsivi nostri)
Ivi, pag. 28 (corsivi nostri)
Ibidem
In origine il carattere “Yin” indicava il lato in ombra di un pendio, da cui le associazioni a qualità come il freddo, il riposo, la ricettività, la passività, l’oscurità, l’interno, il basso, l’introversione, la pesantezza, la densità (e la costellazione di corrispondenze con l’elemento acqua). Il significato originario di “Yang”, invece, era il lato soleggiato di un pendio, e per analogia il calore, la rapidità, lo stimolo, il movimento, l’attività, l’eccitazione, il vigore, la luce, l’esterno, l’alto, l’estroversione, la crescita (corrispondenza con l’elemento “fuoco”).
Si tratta di famose frasi del Tao-te Ching, 2, ivi citate, pag. 31
Ivi, pag. 133-135
Ivi, pag. 34
Ivi, pag. 60 (corsivo nostro)
10 Ivi, pag. 37-38 (corsivo nostro)
11 Ivi, pag. 235 (corsivo nostro)
12 Ibidem (corsivo nostro)
13 Ivi, pag. 236 (corsivo nostro)
14 Ivi, pag. 238-239
15 Francesco Bottaccioli, Psiconeuroendocrinoimmunologia, red!, Milano, 2005
16 Ivi, pag. 16
17 Ivi, pag. 20-21
18 Ivi, pag. 21-22
19 Ivi, pag. 67-111
20 Ivi, pag. 16221 Ivi, pag. 190
22 Pier Mario Biava, Diego Frigoli, Ervin Laszlo, Dal segno al simbolo. Il Manifesto del Nuovo Paradigma in Medicina, Persiani Editore, Bologna, 2014
23Ivi, pag. 60-61
24 Ivi, pag. 90
25 Ivi, pag. 83
26 Ivi, pag. 132
27 Ivi, pag. 105
28 Ivi, pag. 92-100
29 Ken Wilber, Il progetto Atman. Una visione transpersonale dello sviluppo umano, Edizioni Crisalide, Latina, 2003, pag. 25
30 Biava Frigoli Laszlo, Dal segno al simbolo, cit., pag. 133 (corsivo nostro)
31 Wilber, Il progetto Atman, cit., pag. 16
32Biava Frigoli Laszlo, Dal segno al simbolo, cit., pag. 44
33 Ivi, pag. 173-174
34 Fritjof Capra, Pier Luigi Luisi, Vita e natura. Una visione sistemica, Aboca, 2014, pag. 20-21
35 Francesco Bottaccioli, Filosofia per la medicina, medicina per la filosofia, Tecniche Nuove, Milano, 2010, pag. XII
36 Ivi, pag. XXX
37 Ivi, pag. 235
38 Ana Maria Llamazares “Occidente Herido: El Potencial Sanador del Chamanesimo en el Mundo Contemporaneo”, in “Diversidad”, Diciembre 2013 #7, pag. 67-104. Traduzione italiana da parte di Arianna Garzella, titolo “L’Occidente ferito: il potenziale di guarigione dello sciamanesimo nel mondo contemporaneo” consultabile al link: http://www.aurorafestival.it/au/wp-content/uploads/Occidente- ferito-pdf.pdf


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Ted J. Kaptchuk, Medicina cinese. Fondamenti e metodo, red!, Milano, 1988
Francesco Bottaccioli, Psiconeuroendocrinoimmunologia, red!, Milano, 2005
Francesco Bottaccioli, Filosofia per la medicina, medicina per la filosofia, Tecniche Nuove, Milano, 2010
Pier Mario Biava, Diego Frigoli, Ervin Laszlo, Dal segno al simbolo. Il Manifesto del Nuovo Paradigma in Medicina, Persiani Editore, Bologna, 2014
Ken Wilber, Il progetto Atman. Una visione transpersonale dello sviluppo umano, Edizioni Crisalide, Latina, 2003
Fritjof Capra, Pier Luigi Luisi, Vita e natura. Una visione sistemica, Aboca, 2014
Ana Maria Llamazares “Occidente Herido: El Potencial Sanador del Chamanesimo en el Mundo Contemporaneo”, in “Diversidad”, Diciembre 2013 #7, pag. 67-104. Traduzione italiana da parte di Arianna Garzella, titolo “L’Occidente ferito: il potenziale di guarigione dello sciamanesimo nel mondo contemporaneo” consultabile al link: http://www.aurorafestival.it/au/wp-content/uploads/ Occidente-ferito-pdf.pdf

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